Massimo Cavallari |
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Recensioni
Nelle
sue opere recenti, Massimo Cavallari ha tradotto il paesaggio in
emozione, in esperienza interiore, ponendosi così in linea con la
grande tradizione del paesaggio nordico italiano ed europeo. Nei grandi
formati, dove è impercettibile una curvatura dell'orizzonte basso e
lontanissimo, costruiti partendo da un punto di vista leggermente rialzato che trascina
l'osservatore all'interno dello spazio pittorico, in
un rapporto elegiaco con la natura, Cavallari pare rimediare le
vibrazioni animistiche dei paesaggi romantici di area tedesca, quello sturm
und drang che muove e commuove l'animo.
I suoi paesaggi, pur ispirati alla specifica qualità del territorio del basso ferrarese, non si presentano mai con vedute passive o oggettive di luoghi e fenomeni fisici, quanto piuttosto come "non luoghi", sintesi armonica di sentimenti profondi ,reali e privati, sognati o vissuti, che coinvolgono l'osservatore in una pausa di abbandono e di sentimento. Luoghi dell'anima quindi, o, più propriamente, paesaggi psicologici in cui l'uomo, pur essendo di fatto assente è costantemente evocato come destinatario ed artefice ad un tempo;soggetto esterno all'opera, l'unico in grado di far scattare quell'emotivo e sempre diverso corto circuito poetico-lirico che di fatto è il vero soggetto del quadro. Con una tecnica matura nel segno e nella vibrazione cromatica, ma anche nella libertà della tavolozza - ora perlacea, ora dorata, ora di violenza espressionistica - come un alchimista che attinge direttamente all'intriorità umana sollecitando le corde profonde del nostro sentire, Cavallari alterna vedute e cieli ampi, talvolta dolci e affascinanti, pacati e quieti come nelle ore del crepuscolo, altre volte tenebrosi e terribili nell'imminenza di un temporale che tinge d'asfalto i cieli immensi, ma altre volte ancora malinconici e struggenti nei sontuosi ed infiammati tramonti che sollecitano riflessioni sulla transitorietà e sulla vanitas dell'esistenza umana, e di fronte ai quali, con l'orecchio del cuore, pare di udire l'eco dei versi pascoliani"...come fa presto sera ,o dolce madre, quì". Alfonso Panzetta |
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"...Spesso
l'artista propone i suoi paesaggi intimisti nella veste
trittico quasi per
suggerirci l'idea di
una sequenza in
cui l'immagine viene spezzata per
prolungarsi oltre la tela.Massimo Cavallari si accosta alla tecnica del trompe-l'oeil, cara ai pittori iperrealisti, per descrivere il paesaggio lagunare del Delta del Po e per
trasformarlo in visioni realistiche e oniriche ad un tempo, che ci invitano alla fantasticheria.Questi lembi di terra sembrano scorci
di altri pianeti, visti dall'alto a volo d'uccello, secondo
le regole della prospettiva aerea, dove protagonisti sono solamente la terra ed il cielo che dialogano fra loro in muto raccoglimento.
Raramente cresce qualche cespuglio o alberello, la linea dell'orizzonte si presenta piatta, ma non per questo suscita in noi sentimenti di monotonia e di desolazione, anzi ci comunica un senso di solitudine dolce, serena, non angosciante, dove l'assenza dell'uomo permette alla Natura di estendersi nelle sue lontananze infinite e di mostrarsi nella sua intatta armonia, non profanata da rumori.Ogni elemento superfluo viene eliminato, gli accordi tonali si riducono all'essenziale, prevalgono le ocre e i blu per valorizzare l'incanto di momenti panici, quando gli ultimi raggi del sole si specchiano nella acque o quando verso l'imbrunire la luce si stempera nell'ombra. Questi paesaggi dall'aspetto scenografico vanno interpretati come luoghi dell'anima, oasi di sogno, ora immersi in un'atmosfera lattescente, brumosa, ora avvolti nel manto misterioso della notte. In questo caso ecco allora occhieggiare nel cielo la prima stella della sera. Venere, che fa la sua magica apparizione risvegliando in noi desideri e riflessioni profonde. Dante, che descrive le bellezze della Natura con amore panteistico, coglie perfettamente il fascino di quest'ora particolare nei seguenti versi del Canto Ottavo del Purgatorio: "Era già l'ora che volge il disio/ai naviganti e intenerisce il core/lo dì ch'han detto ai dolci amici addio". Infatti i paesaggi di Massimo Cavallari racchiudono un senso di metafisica nostalgia, di poetico stupore". Gabriele Turolla |
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"…Paesaggi
di valli, … di campagne senza tempo, collocati
in una luce irreale di una improbabile ora forse a metà
tra il giorno che non vuole andarsene ed
il primo respiro della notte, possono trovare vita
anche nelle primissime luci dell'alba quando il buio ancora non cede il
passo. Ho visto tramonti appena passati o forse albe in embrione , ho "visto" una nostalgia intima e consapevole, una piccola, impercettibile ma inesorabile fine o forse un primo accenno d'inizio; ho guardato sul mezzo tecnico queste pagine di suggestione trascritte con abilità ed impeccabile tecnica. Ricordi di paesaggi passati, speranza di trovare scorci di campagne serene, atmosfere pulite, spazi vivibili ed ordinati o acceso desiderio di un improvviso e liberatorio salto nel blu...". Paola Casazza |
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"...Discorso
intimista e poetico quello di Cavallari di una
poesia costruita con tratti
morbidi armonizzati in un colore morbido che
si accende di venature di luce, di tensioni
sottese, di trasparenze che intervengono nella solitudine di una
campagna nella quale l'uomo è assente e nel medesimo tempo
è partecipe con il suo desiderio di evasione
dalle gabbie che si è costruito lontano dal proprio
ambiente. Cavallari lo conduce al recupero di un bene perduto e non irrecuperabile con una pittura che ricava la sua forza espressiva e persuasiva dal tocco leggero, da una soffusione di toni sui quali si distende, a volte, la dissolvenza che fa parte del paesaggio lagunare nelle prime ore di certe giornate quando il litorale fatica sciogliersi dalle brume notturne nate dal mare" . "...Quella di Cavallari si può considerare poesia della natura, una natura silente, dolce, monocroma e del resto il racconto di questo pittore non è altro che un cantico d'amore per la sua terra, fatta di lunghe distese interrotte di tanto in tanto da specchi d'acqua, da cespugli, da qualche albero, sotto la "cappa"delicata di un cielo vitreo, trasparente che da al paesaggio quasi un aspetto irreale". Gim |
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